Apre il Laboratorio Nazionale Dna ma manca il personale. E la polemica sulla organizzazione dei ruoli tecnici della Polizia Penitenziaria costa ai cittadini, per ora, 16 milioni di euro
Questa notizia, riportata anche da alcuni quotidiani nazionali tra cui Il Fatto Quotidiano sembra uscita da una sceneggiatura dei peggiori film della così detta commedia all’italiana. Uno dei tanti casi paradossali di questo paese in cui da una parte si taglia e dell’altra non si trova personale per far funzionare le cose.
Di cosa si tratta? La notizia si ricollega ad una polemica che già da qualche tempo attraversa la Polizia Penitenziaria e i suoi sindacati. Tutto si rifà ad un decreto del 2010 che dichiara l’istituzione dei così detti Ruoli tecnici della Polizia Penitenziaria. Tra questi ruoli troviamo periti, revisori e altro. Ma facciamo un passo indietro per capire l’assurdità della cosa.
All’interno di Rebibbia apre il Laboratorio nazionale Dna, costato qualcosa come oltre 16 milioni di soldi pubblici. Ma di cosa si tratta? È una sorta di banca dati la cui nascita e istituzione fu sollecitata addirittura dall’Europa quasi otto anni fa. La proposta nasce dall’esigenza di creare una banca dati per il Dna dei detenuti dolosi che abbiano già avuto una sentenza definitiva. Lo scopo di questa iniziativa internazionale è quello di rendere ancora più efficace e veloce il coordinamento e il controllo dei crimini.
Le cose in Italia non sono mai veloci e, ovviamente, anche in questo caso le lungaggini non mancano. Questo importante progetto di livello europeo che coinvolge molte polizie, da noi viene recepito solo nel 2009, ma in maniera non operativa. Si rimbalzano le diverse attribuzioni di responsabilità e competenze tra Ministero dell’Interno e Ministero della Giustizia. Intanto il tempo passa, il decreto viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale ma il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria non può bandire un concorso; sebbene sembri che i bandi siano pronti manca la firma dei vari ministri.
E quindi cosa accade? Succede che, come nel più paradossale dei copio, il laboratorio viene messo in piedi facendo spendere sostanzialmente ai contribuenti una cifra incredibile (16 milioni come dicevamo all’inizio); certo il laboratorio ha al suo interno una tecnologia che dire all’avanguardia è poco. Solo che non può essere accreditato perché non c’è personale. I sindacati di Polizia Penitenziaria hanno fatto sentire la loro voce e hanno partecipato a innumerevoli riunioni interforze. Attraverso i sindacati è stata chiesta una sorta di consulenza a strutture che, essendo già accreditate, possono lavorare. E in attesa di accordi il rischio è che quei processi in cui il Dna è fondamentale possano saltare. Perché? Perché se il Dna è stato schedato da un Carabiniere e non da un Poliziotto Penitenziario si parla di vizio di forma. E intanto il serpente continua a mordersi la coda.
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