Si è svolta ieri a Roma la manifestazione organizzata dal SAPPE, uno dei sindacati più rappresentativi degli agenti di Polizia Penitenziaria: per richiamare nuovamente l'attenzione su una situazione non più sostenibile
Non c’è che dire: il nostro paese sembra riuscire a scontentare tutti gli operatori delle Forze Armate e di Polizia. Tra i più esasperati, già da tempo, gli agenti della Polizia Penitenziaria. E, proprio per questo, ieri a Roma si è tenuta una manifestazione davanti agli uffici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. L’iniziativa è stata promossa dal SAPPE uno dei sindacati più importanti della Polizia Penitenziaria. Tra le regioni rappresentate nella manifestazione di ieri vi erano Puglia, Basilicata, Campania, Molise, Marche e Abruzzo; oltre, naturalmente, il personale degli istituti di pena romani.
Il segretario generale del SAPPE, Donato Capece, si è fatto portavoce del disagio e del malcontento dei poliziotti, in particolare di quelli che lavorano nelle sezioni di detenzione, quelle dove il lavoro è più duro e in cui le condizioni sono più difficili: per sovrappopolamento e per carenza di mezzi. Ciò che viene lamentato dal sindacato è l’atteggiamento dell’AP che, con la sua politica di tagli, sta levando fondi per ogni cosa: dal vestiario alla manutenzione degli automezzi, per arrivare al pagamento delle missioni fuori sede. Molto pericoloso è considerato poi dal sindacato l’unificazione di più posti di servizio per un agente solo.
La questione delle carceri sovraffollate, con tutto quel che ne consegue in termini di sicurezza e vita interna è cosa che dura da tanto, troppo tempo: una situazione già più volte sottolineata dagli agenti della Polizia Penitenziari, costretti a lavorare in situazioni sempre più critiche. Tra le proposte fatte dal sindacato per aiutare a risolvere questo problema, tanto per fare un esempio, c’è quella di far scontare nelle comunità (e non in carcere) la pena per i tossicodipendenti. Capece ha sottolineato anche l’importanza che avrebbe un’attività lavorativa al di fuori del carcere, per quei detenuti che hanno le caratteristiche per svolgerlo. E qui il problema non è solo legato alla attuale situazione lavorativa generale del nostro paese ma, sempre secondo il sindacato, nasce anche da una scarsa volontà politica di affrontare seriamente la questione.
Capece non ha smesso di porre l’attenzione su questo aspetto, sottolineando come sia non solo l’elevato numero di detenuti a creare tensioni, ma proprio il fatto che passino 20 ore al giorno senza fare nulla; distribuendosi a fatica uno spazio esiguo con conseguente aumento delle tensioni, con tutto ciò che ne consegue. A quando una seria assunzione di responsabilità da parte della politica rispetto a questa questione?
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